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Recensioni
Il libro racconta, attraverso un registro linguistico
disinvolto e vivace, la storia di Alice. Una ragazza tormentata dal suo
indissolubile legame con l’isola delle sue origini. Una storia
d’amore e dolore che ad accenti poetici alterna il ritmo serrato
del giallo attraverso una scorrevolezza favorita dalla brevità
dei capitoli che descrivono in un quadro dalle fugaci pennellate la
transizione tipica dello sviluppo adolescenziale e le sue naturali
evoluzioni. Una metamorfosi che trova nella straordinaria
densità simbolica della Sirena, ricorrente nel romanzo, naturale
espressione. La cornice di questo interessante dipinto è
un’isola assolutamente ammaliante e rassicurante. Al di là
dell’interpretazione kantiana dell’isola come territorio
dell’intelletto e dell’esperienza sensibile, ampiamente
riconoscibile nell’esperienza di Alice; la ricerca di nuove terre
che spinge da sempre l’individuo al superamento dei limiti della
conoscenza attraverso quel senso di libertà che deriva dal
superamento del confine naturale del mare in movimento centrifugo
è ampiamente testimoniata dall’esperienza sapientemente
narrata, nel solco dell’emotività, dei giovani che
lasciano la propria terra per cercar fortuna. La scrittrice travesiana
indugia, in uno stile anche eccessivamente colloquiale, su un dualismo
che in qualche modo trova un suo riscontro anche nei dettagli fisici e
psicologici dei suoi personaggi e che nell’antitesi
isola-città cerca una propria sostanza alla luce del processo
evolutivo di ognuno.La giovane Amalia darà alla luce Alice, la
protagonista, e quest’ultima troverà nella sorella di sua
madre, zia Sofia, una complice. La descrizione delle due germane Amalia e Sofia si sviluppa su dettagli fisici e tratti psicologici assolutamente stridenti nelle marcate opposizioni e che palesemente trovano manifesto parallelismo nelle due figure maschili dei fratelli Gaetano e Giorgio. Un chiasmo, questo, assolutamente interessante alla luce del rapporto che lega rispettivamente le due figure femminili e quelle maschili e che, traslitterando la cosa metaforicamente alla dimensione spaziale, trova un corrispettivo nel dualismo “isola – città”. C’è un’evidente leit motiv autobiografico che induce l’autrice, magari anche inconsapevolmente, a privilegiare, sia sotto il profilo psicologico che ambientale, questa dualità. Le articolazioni logico-sintattiche e le intonazioni espressive del discorso parlato sono gestite secondo una punteggiatura sapientemente adattata attraverso personalistiche gerarchie concettuali e pause ampiamente ravvisabili là dove il ritmo si fa più serrato o più mesto. Interessante è poi imbattersi, nella naturale scorrevolezza favorita dalla brevità dei capitoli, in alcuni simboli ricorrenti nella narrazione: l’isola,la sirena, la conchiglia.L’aspetto metamorfico che permea dall’inizio alla fine questo racconto è chiaramente riflesso nel simbolismo della Sirena. La conchiglia, in un rimando anche alla botticelliana Nascita di Venere, nonché per una chiara tradizione simbolica del mondo classico, rappresenta, per l’appunto, la nascita e la vita. Tralaltro abilmente descritta, dalla Traclò, nella visione notturna della nonna, contestuale alla nascita di Alice. Una scelta interessante e assolutamente rivelatrice del senso del “cammino” effettuato dalla nostra protagonista, quasi in un naturale pellegrinaggio versola propria personale isola. Interessante è la scelta stilistica del parallelismo testuale riscontrabile nei capitoli 1 e 65 che attraverso degli incisi e la citazione iniziale,denuncia il senso evolutivo del racconto alla luce della personalistica esperienza di Alice: il primo capitolo si apre, infatti, con la seguente frase:“Aggrappata al cielo, per non cadere” mentre il capitolo 65 con “Conchiglia sulla spiaggia”. -Lucia Annicelli- Responsabile Biblioteca Antoniana di Ischia. |